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LE ORIGINI DELLO STEMMA DELLA REGIONE MARCHE

Perché il picchio è il simbolo delle Marche

La bandiera delle Marche fece la sua prima apparizione durante la giornata delle Forze Armate, il 4 novembre 1995, quando il presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro volle esibire in una sala del Quirinale le bandiere delle regioni italiane.

In mancanza di una legge in proposito, la bandiera fu delineata inserendo lo stemma regionale su uno sfondo bianco.

 

Lo stemma delle Marche è stato disegnato da Maurizio Catani e Gianni Veroli e rappresenta un picchio verde stilizzato, che si sovrappone in parte alla lettera maiuscola M (iniziale della regione), di colore nero, in campo bianco delimitato da una cornice verde a forma di scudo spagnolo.

 

Esaminando un breve passo tratto da un’opera dell’autorevole storico e geografo greco Strabone, si comprende immediatamente cosa abbia ispirato l’adozione di questa simbologia: “I Piceni sono giunti qui dalla Sabina, sotto la guida di un picchio che indicò il cammino ai capostipiti".

Da ciò deriva il loro nome: essi infatti chiamano picus questo uccello, e lo ritengono sacro ad Ares.

 

 Il picchio era infatti l’animale totemico (un elemento dal forte valore simbolico e sacrale) dei Piceni, la popolazione che nell'Età del ferro abitava la maggior parte del territorio delle odierne Marche unificandone le culture, sino a quell'epoca diversificate.

La rappresentatività dell'immagine è confermata dal fatto che i centri piceni erano diffusi in tutte le provincie delle Marche; ad esempio: Pesaro, Fano, Canovaccio di Urbino e Novilara nella provincia di Pesaro Urbino; Fabriano, Jesi, Ancona, Castelfidardo e Osimo nella Provincia di Ancona; Matelica, Tolentino, Cingoli, Montecassiano nella provincia di Macerata; Belmonte Piceno, Porto Sant'Elpidio, Fermo nella Provincia di Fermo; Offida, Ripatransone, Cupramarittima nella Provincia di Ascoli Piceno.

Centri piceni erano presenti anche nell'Abruzzo settentrionale, ma il nucleo principale della cultura di questo popolo era nel territorio delle attuali Marche.

 

Si legge nella legge di adozione dello stemma: «La scelta trae origine da una antichissima tradizione che narra di popolazioni Sabine che nell'attraversare l'Appennino durante il ver sacrum portarono con sé un totem, un uccello sacro: il picchio»

 

La tradizione di cui parla la legge è quella greca e romana, di cui si riportano alcuni esempi:

 

(EL) «Ὤρμηνται δ'εκ τῇς Σαβίνης οί Πικεντίνοι, δρρυοκουλάπτου τὴν ὀδὸν ηγησαμὲνου τοῖς ἀρχηγὲταις, ἁφ'οὗ και τοὔνομα πικον γαρ τὸν ὅρνιν τοῦτον ὀνομὰζουσι, και νομὶζουσιν Ἄρηως ἱερρόν. Οικοὒσι δ'απὸ τῶν ὀρῶν ἁρξάμενοι μὲχρι τῶν πεδίων και τῆς θαλὰττης...»

 

(IT) «I Piceni sono giunti qui dalla Sabina, sotto la guida di un picchio che indicò il cammino ai capostipiti. Da ciò deriva il loro nome: essi infatti chiamano picus quest'uccello, e lo ritengono sacro ad Ares. Sono stanziati a partire dalle montagne sino alle pianure e al mare...» (Strabone, Geografia, 5. 4. 2.)

 

(LA) «Picena regio, in qua est Asculum, dicta, quod Sabini cum Ausculum proficiscerentur, in vexillo eorum picus consederat»

 

(IT) «La regione picena, nella quale si trova Ascoli, è detta così perché, quando i Sabini si misero in viaggio verso Ascoli, un picchio si posò sul loro vessillo» (Sesto Pompeo Festo, De verborum significatu, 235 L.)

 

(LA) «Huius habitatores cum a Sabinis illuc properarent, in eorum vexilio picus consedit, atque hac de causa Picenus nomen accepit»

 

(IT) «Quando gli abitanti di questa regione vennero qui dal territorio dei Sabini, un picchio si posò sulle loro insegne e da questo nacque il nome di Piceno» (Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 19)